Questo è un argomento di cui non si parla mai abbastanza, e che purtroppo ognuno interpreta come vuole – e anche molti professionisti, ne abusano: chetosi, uno stato metabolico che ha attirato crescente interesse per i suoi potenziali benefici in ambito nutrizionale, clinico e sportivo. E sì, anche estetico per quanto concerne la massa adiposa. Si tratta di una condizione fisiologica che si verifica quando l’organismo usa i grassi, e non i carboidrati, come principale fonte energetica. Questo processo, alla base delle diete chetogeniche, può essere utile per favorire la perdita di peso e migliorare alcuni parametri metabolici, ma richiede una corretta gestione e consapevolezza delle sue implicazioni.


In questo articolo spiegherò bene cosa comporta la chetosi, come funziona a livello biochimico, come si può attivare e quali sono i casi in cui può diventare rischiosa per la salute.
Cos’è la chetosi
Quella chetogenica è una delle diete dimagranti più famose, ma facciamo un passo indietro. La chetosi è uno stato metabolico che si instaura quando il corpo, in risposta a una marcata riduzione dell’apporto di carboidrati, inizia a produrre corpi chetonici come fonte alternativa di energia. Quando l’assunzione di glucosio è insufficiente – per esempio in seguito a digiuno prolungato, o a una dieta a bassissimo contenuto glucidico – il fegato inizia a metabolizzare gli acidi grassi provenienti dal tessuto adiposo, dando origine a molecole chiamate acetoacetato, beta–idrossibutirrato e acetone.
Tali composti, prodotti attraverso un processo noto come chetonogenesi, possono essere sfruttati da vari tessuti inclusi cervello, muscoli e cuore, al posto del glucosio. È importante sottolineare che la chetosi è un meccanismo fisiologico e adattivo, del tutto diverso dalla chetoacidosi diabetica (una condizione patologica grave che si verifica in assenza di insulina, soprattutto nei pazienti con diabete di tipo 1).
Cosa succede quando si è in chetosi
Durante la chetosi, il metabolismo corporeo si adatta a un nuovo equilibrio energetico. I livelli di insulina si abbassano sensibilmente, favorendo la mobilizzazione dei trigliceridi immagazzinati nel tessuto adiposo. Questi sono scissi in acidi grassi liberi che, una volta raggiunto il fegato, sono convertiti in corpi chetonici.
Il cervello, solitamente dipendente dal glucosio, riesce a utilizzare il beta-idrossibutirrato come fonte energetica alternativa, garantendo il mantenimento delle funzioni cognitive anche in condizioni di scarso apporto glucidico. Nei primi giorni di chetosi, alcune persone possono avvertire lievi disturbi transitori come affaticamento, mal di testa, alito acetonico o irritabilità, una fase nota come “keto flu”. Tuttavia, una volta adattato al nuovo stato metabolico, l’organismo tende a migliorare la gestione energetica, la sazietà e la concentrazione. Questo meccanismo, che nasce per altri scopi e altri contesti, è molto spesso usato per dimagrire: chiarisco subito che solamente un medico nutrizionista e con certificazioni può prescrivere un percorso alimentare chetogenico, soprattutto se lo scopo è dimagrante.
Come andare in chetosi per dimagrire
Per indurre uno stato di chetosi nutrizionale, è necessario modificare in modo significativo la composizione della dieta. L’obiettivo primario è ridurre drasticamente l’assunzione di carboidrati, portandola generalmente sotto i 50 grammi al giorno. In questo contesto, alimenti come pane, pasta, riso, legumi, latticini, zuccheri, dolci e frutta sono esclusi quasi completamente. Il fabbisogno energetico è quindi coperto principalmente dai grassi, che costituiscono circa il 70-75% delle calorie giornaliere. È preferibile scegliere fonti di grassi insaturi come olio extravergine di oliva, avocado, pesce azzurro e frutta in guscio. Contrariamente a quanto si pensa e a molte prescrizioni poco serie, le proteine vanno assunte in quantità moderata: anche se le proteine sono utili per dimagrire, in questo caso un eccesso può invece ostacolare l’entrata in chetosi. La dieta chetogenica infatti non è una dieta iperproteica ma una dieta normoproteica.
Un aspetto fondamentale per gestire correttamente la dieta chetogenica è l’idratazione. Durante la chetosi si verifica un aumento della diuresi e una perdita di elettroliti, in particolare sodio, potassio e magnesio. Per questo motivo è utile integrare sali minerali attraverso il consumo regolare di brodo vegetale o l’uso controllato di integratori specifici. Anche l’attività fisica può favorire l’ingresso in chetosi. L’esercizio aerobico, associato a un’alimentazione povera di carboidrati, accelera l’esaurimento delle riserve epatiche di glicogeno e stimola l’ossidazione dei grassi, facilitando la produzione di corpi chetonici.
Generalmente l’apporto calorico di una dieta chetogenica è piuttosto basso, si aggira intorno alle 900- 1000 Kcal, per cui l’attività fisica deve essere molto blanda.
Lo stato chetosi va mantenuto per un tempo ridotto (qualche settimana) e poi va seguito da una fase di transizione dove con gradualità e una certa logica vanno reintrodotti gli alimenti che contengono i carboidrati con l’obiettivo di arrivare ad un regime completo che prevede tutti macronutrienti
Quando la chetosi diventa pericolosa
Sebbene la chetosi nutrizionale sia generalmente sicura in soggetti sani e ben seguiti, esistono condizioni in cui può diventare potenzialmente dannosa. Il caso più critico è rappresentato dalla chetoacidosi diabetica, una complicanza acuta del diabete di tipo 1 o del diabete insulinodipendente. In assenza di insulina, il corpo produce corpi chetonici in quantità eccessiva, con conseguente acidificazione del sangue. Anche soggetti con patologie epatiche o renali devono evitare regimi chetogenici, poiché l’accumulo di sottoprodotti metabolici può sovraccaricare gli organi già compromessi. Inoltre, durante gravidanza e allattamento, l’apporto energetico e nutrizionale deve essere attentamente bilanciato: una dieta chetogenica non garantisce i nutrienti essenziali per il corretto sviluppo del feto, o la produzione di latte.
Infine, anche in soggetti sani, un approccio troppo restrittivo o prolungato può condurre a effetti collaterali, come carenze vitaminiche, stitichezza, alterazioni ormonali o riduzione della massa muscolare, specialmente in caso di apporto calorico insufficiente.
La chetosi è potente e adattiva, può offrire diversi benefici. Utilizzata in ambito dietetico, può aiutare nella riduzione del peso corporeo, nel miglioramento della sensibilità insulinica e nella regolazione dell’appetito. Tuttavia, come ogni strategia nutrizionale, funziona se inserita in un contesto di equilibrio, consapevolezza e professionalità e deve essere adottata solo sotto controllo medico.